Quaresima di Carità 2020

«Ciò che spegne la carità è anzitutto l’avidità per il denaro, radice di tutti i mali. Il bambino non ancora nato, l’anziano malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non corrisponde alle nostre attese». Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2018.

In questo cammino quaresimale, la Chiesa non manca di additarci gli strumenti necessari per poterlo percorrere al meglio. Sono gli stessi che Gesù ha evidenziato nel Vangelo di Matteo (cf. Mt 6,1-6.16-18).

Il digiuno fisico al quale la Chiesa ci esorta all’inizio della Quaresima ha come scopo ultimo una più viva percezione o lucidità spirituale, ossia un affinamento del nostro occhio interiore che ci permetta, da una parte, di riconoscere e smascherare il male, e dall’altra di compiere scelte illuminate dal desiderio di bene per noi e per gli altri. In questa luce si comprende perché san Benedetto abbia scritto che «la vita del monaco deve in goni tempo conformarsi all’osservanza quaresimale» (Regola, cap. 49). Purificare il proprio cuore e dirigerlo verso il bene è, infatti, un compito che tiene occupati ogni giorno della vita.

L’altro aspetto che esprime bene lo spirito della Quaresima è l’invito ad intensificare la preghiera, non tanto nella quantità quanto nella qualità. Una preghiera, quindi, che non dev’essere affidata alle molte parole, ma che sia espressione di un cuore desideroso di vivere la comunione con Dio, con umile fiducia e speranza. Soprattutto, una preghiera che dev’essere intimamente connessa con l’ascolto della Parola di Dio, la quale, nutrendo la stessa preghiera, finisce col forgiare la vita dell’orante, rendendola trasparenza dell’amore misericordioso di Dio. In fondo, la preghiera è un modo eminente per riconoscere la bontà di Dio e la sua presenza amorosa nella nostra vita e per infondere forza alla nostra testimonianza.

Infine, nella sua grande sapienza, la Chiesa ci invita a verificare la qualità del nostro impegno quaresimale anche alla luce della carità. Ciò che non deve mai venir meno nel nostro cuore e che deve brillare al di sopra di tutto, è la carità, perché tutto un giorno avrà fine, ad eccezione della carità (cf. 1Cor 13,8). Una carità discreta, umile, che non fa chiasso per attirare l’attenzione, ma che opera nel segreto per non inquinare la gratuità del gesto. Una carità che è l’esplicitazione di un giusto rapporto con noi stessi e con Dio, è la manifestazione che il nostro cuore batte all’unisono con quello di Dio, è la prova concreta che – sull’esempio di Gesù – abbiamo fatto del dono di noi stessi il principio attivo della nostra vita cristiana. E così sia.