Dossier povertà

Introduzione

Povertà e diseguaglianze costituiscono la grande questione sociale del nostro secolo. In Italia oltre sette milioni di persone vivono in condizioni di grave povertà. Sono gli effetti feroci di una crisi infinita e delle logiche di austerità. I poveri e chi vive il rischio della povertà non sono più consegnabili alla marginalità sociale ma costituiscono ormai una componente in crescita del nostro paese. Perché basta poco a precipitare nell’indigenza: disoccupazione, precariato, pensioni minime, malattie, divorzi, perdita della casa. La povertà non è più un orizzonte lontano ma uno scenario minaccioso che oggi lambisce la vita quotidiana, moltiplica i sentimenti di paura e di ansia, la percezione diffusa dell’essere sostanzialmente privi di protezione, invisibili alle istituzioni. La progressiva riduzione del welfare ha aumentato la zona grigia delle fragilità economiche, reso labili i sistemi tradizionali di sicurezza e di protezione sociale con una progressiva sovrapposizione ai diritti sostanziali di cittadinanza della beneficenza e della carità. Ed è in questa dimensione di abbandono che si misurano sia l’inadeguatezza delle misure messe in atto sia la crescita del rancore di chi si sente sempre più povero. Che emerge una rabbia diffusa che si trasforma in xenofobia e razzismo.

Lo studio che segue è il richiamo alla realtà ma anche il desiderio di condividere ciò che la nostra Caritas diocesana e le varie Caritas parrocchiali quotidianamente affrontano per provvedere alle varie difficoltà che anche sul nostro apparente e tranquillo territorio si verificano spesso, purtroppo, nel silenzio e anche nell’indifferenza di un sistema sociale sempre più frenetico e impersonale.  Con i dati che oggi presentiamo intendiamo dimostrare come anche la nostra zona sia parte di questa Italia impoverita e polarizzata tra ricchezza e miseria. In un’economia che permane in una fase prolungata di stagnazione, non solo il reddito medio continua a diminuire ma la sua distribuzione è sempre più diseguale: il 5 per cento dei più ricchi dichiara il 21 per cento di tutto l’imponibile a fronte del 27 per cento dei più poveri che arriva al solo 6 per cento dell’ammontare complessivo. A dimostrazione non solo dello svuotamento dei ceti medi ma del peggioramento complessivo delle condizioni di vita degli strati meno abbienti della popolazione.

Situazione Campania

Sono sempre più povere le famiglie campane, tanto da non potersi permettere nemmeno di fare figli. Questo l’identikit tracciato dal Dossier regionale sulle povertà nel 2017 e curato dalla Caritas regionale. I cittadini che sono stati aiutati dai centri di ascolto della Caritas nel 2016 sono stati in totale 24.000, sono soprattutto italiani (una percentuale in continua crescita che ha fatto registrare quest’anno un 64,6 del totale, nel 2008 era del 38,2). E sono soprattutto donne (54,7). Alle loro spalle ci sono famiglie che non arrivano alla terza settimana del mese, che non possono mantenere eventuali figli, né sostenere spese impreviste (nel 66,7% dei casi). Il tasso di natalità lo conferma: si è passati dall’11,4% del 2002 all’8,6 nel 2017. In 15 anni in Campania c’è stata una diminuzione delle nascite del 32,6%. Gli stranieri poveri rappresentano il 35,1% del totale, sono soprattutto ucraini, rumeni e bulgari, seguono marocchini e nigeriani. Rimane più o meno stabile il dato sulla povertà assoluta che resta però nel Mezzogiorno il più basso d’Italia (6,7% al Nord, 7,3% al Centro, 9,8% al Sud). Tra questi i più poveri sono i giovani fra 18 e 34 anni (10%) e i minori (12,5%). La povertà relativa, invece, è cresciuta nelle famiglie campane che sono passate da una percentuale di 17,6% nel 2015 al 19,5% nel 2016. E questo nonostante i dati Istat sul Pil regionale mostrino una Campania in crescita (il Pil è cresciuto del 2,2%).

Secondo l’interpretazione dei dati, fornita dal sociologo Ciro Grassini, questo significa che se la ricchezza nella nostra regione è moderatamente cresciuta, essa ha riguardato le famiglie che già erano benestanti, mentre quelle povere lo sono sempre di più. Il Dossier presentato lo scorso anno e da cui attingiamo questi dati lo conferma: i due terzi delle famiglie che si rivolgono alla Caritas vivono con meno di 500 euro al mese. Sono famiglie che hanno in media 2/3 figli, nell’80,2% dei casi hanno un minore e nel 20,5% un disabile. I cosiddetti nuclei spezzati (vedovi, separati o divorziati) rappresentano il 23,4%, di questa situazione sono vittime particolarmente i padri separati che nonostante abbiano un lavoro rischiano di finire a vivere per strada. Per quanto riguarda il livello di istruzione degli utenti Caritas (sia italiani che stranieri), il 42,7% ha la licenza media inferiore, il 20,9 quella elementare, i diplomati sono il 22,2%, i laureati il 3,1%, gli analfabeti il 2,1%. Sono nel 66,6% dei casi disoccupati. Ai centri di ascolto le famiglie campane chiedono soprattutto pacchi viveri (49,5%) pagamento di bollette (31,9%) l’alloggio (17,0%), l’accesso a market solidali (15,8%) il lavoro (14,2%) l’accesso alle mense (13,3%) e il vestiario (8,2).

I nostri giovani sono più poveri dei loro padri e dei loro nonni, molti non hanno mai visto un lavoro e per disperazione o vanno fuori oppure si aggregano alle associazioni malavitose che li sfruttano e li condannano a morte».

Situazione Diocesana

Anche il nostro territorio diocesano, come già accennato all’inizio di questa presentazione, non è escluso da questa onda di difficoltà. Spesso si pensa e si sente dire che nelle nostre zone non esiste la povertà, tutti stanno abbastanza bene e che fondamentalmente non ci può lamentare. Questa, riferisce don Francesco Della Monica direttore della Caritas diocesana, è la prima grossa crisi-povertà,  pensare di non essere parte di un sistema che purtroppo è mondiale, non accenna a diminuire solo perché si vive un territorio, per certi versi, privilegiato. L’Arcivescovo di Amalfi – Cava de’ Tirreni, S.E. mons. Orazio Soricelli, parla di immobilismo sociale ed economico che impoverisce un territorio ricco di cultura, tradizioni, vocazioni turistiche e, per certi versi, potenzialmente capace di invertire questa decrescita sociale. Il Centro Servizi della Caritas diocesana è una struttura che ha il compito di assistere chi si trova in serie difficoltà, soprattutto economiche. Ne fanno parte un gruppo dedicato all’ascolto, un operatore di segreteria, avvocati che forniscono consulenza agli utenti, servizio medico con specialisti che garantiscono visite specialistiche e una farmacia solidale, un supporto psicologico, aiuti alimentari e vari volontari che quotidianamente si rendono disponibili per essere prossimi di chi si trova in difficoltà. Dai dati che abbiamo grazie alla piattaforma di Caritas Italiana Ospoweb emerge una fotografia molto variegata dei disagi che soffre il microcosmo diocesano che si è rivolto durante il biennio scorso al Centro. Non abbiamo la pretesa di rappresentare in maniera esaustiva l’universo dei bisogni della nostra realtà locale, ma vogliamo portare semplicemente a conoscenza come le povertà sul nostro territorio non siano poi così lontane, ma molto più vicine di quanto si possa credere. Sono tante le sofferenze vecchie e nuove che abbiamo riscontrato. La Caritas non intende sostituirsi alle istituzioni che sono preposte a dare risposte concrete a chi soffre e con cui, soprattutto in questo ultimo anno, c’è sempre più un lavoro di condivisione, di mutuo e reciproco aiuto, né tanto meno vuole distribuire pacchi, beni o servizi limitandosi a generare un ulteriore e dannoso sistema di assistenzialismo, ma semplicemente intende, come ben esplicita il primo articolo dello Statuto di Caritas Italiana, promuovere nelle comunità la necessità di un’educazione alla solidarietà vera, che non guardi solamente al bisogno del povero, ma alla sua persona ed alla sua dignità. Per la risoluzione di tali tematiche è essenziale, secondo la Caritas, costituire una rete di accoglienza fraterna, una forte collaborazione tra singoli individui, singole associazioni, parrocchie ed istituzioni, che sia decisiva a sostenere chiunque viva momenti di fragilità.